Saturday 28 October 2017

Catalogna sì, Catalogna no

Mi sono imbattutto, su Facebook, in un post che pone una domanda apparentemente retorica: “Ma se la Catalogna dichiara l’indipendenza, a voi cosa cambia?” È un post lungo e ben scritto le cui motivazioni pro-indipendenza sono riassumibili in:
1) Se anche l’indipendenza catalana scoperchiasse il vaso di Pandora dei nazionalismi europei e desse forza alla causa del Trentino, dei Paesi Baschi, della Sardegna, della Corsica, della Scozia, sarebbe positivo perché i popoli devono autodeterminarsi.
2) La strumentalizzazione politica dei regionalismi che avviene in Italia non avviene nel resto d’Europa.
3) Lo Stato spagnolo è fascista perché usa la forza “per impedire una consultazione popolare” e “disabili e anziani vengono picchiati per aver voluto esprimere un voto”.

C’è un quarto punto su cui sono sostanzialmente d’accordo e che ritengo valga la pena di espandere: l’idea di Stato nazionale è un retaggio obsoleto dell'Ottocento. L’ideale (e l’unica soluzione che personalmente reputo gestibile a lungo termine) sarebbe un’Europa unita in una federazione di popoli e non di Stati, ovvero una supernazione federale di dimensioni continentali le cui unità amministrative non sono gli Stati attuali, ma macroregioni etno-linguistiche stabilite proprio dai popoli che oggi vogliono “autodeterminarsi”.

Il nesso qui sarebbe che essere contro l’idea di un popolo catalano indipendente andrebbe anche contro l’idea di un’Europa di questo tipo, che è più o meno inevitabile.
Il problema è che, da una parte, la Catalogna indipendente sarebbe fatta a modello degli Stati nazionali e quindi la situazione non andrebbe avanti di un centimetro. Dall’altra, quello dell’Europa unita e ripartita secondo regioni etniche è un processo che va fatto gradualmente e contemporaneamente: invece che disgregare tutto e pensarci poi, bisognerebbe parlare della nuova ripartizione amministrativa mentre si inizia il processo di unificazione. Ovvero non ora.
E paradossalmente, il referendum catalano, per come è stato motivato, gestito e discusso, va apertamente contro l’idea di un’Europa unita, federale e suddivisa secondo la volontà dei popoli che la compongono. 

• È stato, in primo luogo, un referendum fatto per ragioni politiche più che idealiste, un semplice metodo perché un partito di limitata portata su scala nazionale potesse raccogliere tanti consensi in una singola area sfruttando un sentimento di appartenenza nazionalistica di “noi contro loro”. È questo tipo di politica che da sempre sta danneggiando il progetto europeo. È la politica che ci ha dato il Brexit, uguale identica. Ed è una politica di sfruttamento del sentimento popolare per finalità partitiche per nulla dissimile da quella che abbiamo in casa.
• È un referendum che sento spesso difeso con motivazioni pragmatiche molto egoiste: la Catalogna è la parte più ricca della Spagna e non è giusto che Madrid si prenda i soldi? Già, nello stesso modo in cui non è giusto che i cittadini più ricchi siano tassati di più perché con quei soldi si costruisca una rete di welfare per le classi meno ricche. Lo Stato è, prima di tutto, una comunità, la quale funziona meglio se le parti più forti fanno un sacrificio che aiuta quelle più deboli in modo che il gruppo nel complesso vada più veloce e non sia rallentato dal “peso morto”. Se parte dei soldi della Catalogna vengono investiti nello sviluppo (butto a caso) dell’Estremadura, l’Estremadura si metterà in condizioni di produrre qualcosa (capitale, merci, personale) che beneficerà anche la Catalogna. (Che poi all’atto pratico la ricchezza non sia davvero distribuita è un problema reale, ma va risolto dall’interno, non andandosene e sbattendo la porta). Seguendo la mentalità del “roba mia vientene con me” e “ogni comunità è un’isola” come si può pensare di unire un’Europa dal panorama economico così eterogeneo?
• Se ignoriamo le leggi e la costituzione nazionale, cosa ci vieta di ignorare anche quelle Europee? Sono solo leggi, non sono scritte nella pietra. Questo è un discorso che si può applicare a qualsiasi livello della vita comunitaria, e allora il senso stesso si una società moderna si perde. Poi, ripeto: all’atto pratico molte sono sbagliate, ingiuste, mal scritte o mal applicate, ma esistono metodi democratici per cambiarle e migliorarle.
Speaking of which, la Spagna ha 46 milioni e mezzo di abitanti, di cui solo 7 milioni e mezzo vivono in Catalogna. Dovesse anche il 100% dei Catalani essere a favore dell’indipendenza, sarebbe il 16% della popolazione spagnola che prende una decisione unilaterale per il restante 84%. Non mi sembra il corso di eventi più democratico possibile; e se si decide che chissenefrega, la Catalogna non fa parte della comunità spagnola, non ha responsabilità verso gli altri e tanti saluti, si torna al punto uno: come si riunisce l’Europa secondo principi di cooperazione e benessere comune, in quest’ottica?
• E già che ci siamo, i casi sono due: o si decide che la costituzione ha valore e si agisce entro i suoi limiti, o si decide che non ne ha e si accettano le conseguenze. Il nostro mondo e la nostra società sono stati forgiati da molti eventi in cui si è deciso che il vecchio status quo andava cambiato con la forza, e tutti questi eventi hanno previsto la violenza. Se si decide di bypassare la costituzione e fare di testa propria, un intervento della polizia fa parte dei termini e condizioni: lo Stato protegge la costituzione perché da essa dipendono gli interessi della maggioranza (84%) della popolazione. È orribile che le forze dell’ordine carichino anziani e disabili? Sì, ma la responsabilità è anche di chi ha deciso di fregarsene del resto dello Stato e delle sue leggi, non si può usare la cosa per fare le vittime.

Per cui, per rispondere alla domanda, nonostante io per primo consideri gli attuali Stati nazionali europei obsoleti e ritenga che l’unico corso d’azione possibile sia liberarsene, l’indipendenza Catalana, che pur sarebbe inevitabile in un’Europa come la vedo io, mi cambia che:
a) Fatta così a cazzo, senza pensare già a un’ottica federalista pan-europea, va a destabilizzare ulteriormente l’Europa e rallentare il processo di unificazione. Una secessione nazionale indebolisce sempre la regione in cui avviene – basta chiederlo ai miei vicini ex-iugoslavi – e l’Europa dovrebbe aspettare altri DECENNI che il polverone si abbassi prima di parlare di unità.
b) Fatta con le motivazioni e i metodi attuali, rema in direzione opposta al progetto europeo. E questo sì che va a peggiorare le cose a me personalmente, che sull’Europa ci ho costruito un’identità e faccio affidamento per il mio futuro.

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