Sunday 17 December 2017

Feste comandate

Il termine “feste comandate” è piuttosto interessante perché sembra un ossimoro. Una festa è qualcosa di piacevole, una pausa dalla routine per dedicarsi al riposo: logica vorrebbe che ci si fiondasse col doppio carpiato senza bisogno che qualcuno ce lo comandi.
Etimologicamente, la locuzione è di origine cattolica: indica quelle giornate in cui la Chiesa prescrive l’astinenza dal lavoro per partecipare a funzioni fondamentali nel calendario liturgico. “Comandata” sarebbe la partecipazione alla messa, col giorno di vacanza come conseguenza incidentale. In questo contesto, parlare di “feste comandate” ha una sua logica. Con la laicizzazione della società, l’espressione è passata a indicare più generalmente le giornate di riposo riconosciute dallo Stato, ma persiste ancora.

E poi c’è la mia, di accezione di “feste comandate”, di cui mi sono reso pienamente conto quest’anno. In realtà è almeno dall’anno scorso che ci rimugino sopra, da quando Katia mi ha chiesto cosa di preciso mi infastidisca tanto del Natale.
La verità è: nulla, in teoria. Il Natale mi sta semplicemente indifferente. Sono troppo stanco per accanirmi contro il delirio socio-economico delle feste come facevo da ragazzino, e anche per il lato religioso ho assunto un atteggiamento da vivi e lascia vivere. Sono cose che mi irritano (ne ho parlato l’anno scorso) ma né più né meno di tanti altri aspetti della nostra società; francamente, preferisco dedicare le mie energie ad altre battaglie.
Gli altri vogliono godersi il Natale? Buon per loro: a me dà fastidio quando la gente viene a rovinarmi la festa, cerco di non farlo a loro. (Tranne per La Bella e la Bestia: un Magico Natale, lì non cederò mai; e comunque, non è per la festa quanto per il fatto che è un film pessimo).

Il problema è che nessuno sembra concepire l’idea di indifferenza al Natale. Sembra che per chiunque sia una cosa assurda, 404 not found. Me ne sono reso conto quest’anno, dicevo, perché ho deciso di non tornare in Merilend per le vacanze: un viaggio estenuante per cosa? Per stressarmi ad Alghero? Sono ancora esausto dalle “vacanze” estive, grazie mille. Senza contare che in primavera si andrà a elezioni e preferisco spendere quei soldi ed energie per andare a votare.
Beh, ho perso il conto delle persone che hanno reagito sgranando gli occhi e chiedendo una o più fra le seguenti:
• “Ma come, passi il Natale da solo? Che triste!”
• “Ma come, non stai con la tua famiglia?”
• “Ma come? E non festeggi?”
Sono più che sicuro che il 25 dicembre, quando mi presenterò a cena alla Grande Shangai, perfino Fiorellino, la proprietaria cinese del ristorante, mi chiederà qualcosa su questa falsariga.
MAREMMA. MAIALA.
Posto che a me del Natale fottesega, se me ne sto da solo e lontano dal parentame il 17 dicembre, perché è più triste se lo faccio il 25? Se voglio svegliarmi, farmi una pasta al sugo veloce, uscire a fare un giro di Pokémon Go con la musica nelle orecchie, cenare dal cinese e passare la serata su Skype a guardare serie tv con Katia come faccio il resto dell’anno, saranno un po’ cazzacci miei?

Ed è questo, in sostanza, il problema che ho col Natale: è invasivo al massimo. È davvero una “festa comandata” perché partecipare in qualche forma sembra un obblgo imprescindibile. È un costrutto sociale talmente tentacolare che chiunque, per quanto lo reputi una persona intelligente, empatica ed emancipata, sembra trovarlo speciale e considerare assurdo che non me ne freghi nulla e voglia trascorrere il 25 dicembre come qualsiasi altra giornata dell’anno. Senza festeggiamenti per qualcosa che non sento, senza sorrisi tirati in mezzo a parenti che non voglio vedere, senza dover far finta che non sia solo un altro stupido lunedì invernale. Sembra l’unico momento all’anno in cui è obbligatorio anche solo fingere di partecipare perché nessuno riesce a concepire che, semplicemente, non lo sento e non ci vedo nulla di speciale.
Ragazzi, seriamente: non sono strano io. Partecipare al Natale non è “comandato”, e non è “triste” che non voglia farlo. Finché, invece che limitarvi a festeggiare come cavolo vi piace, continuerete a sbattermi in faccia che c’è qualcosa che non va nel fatto che me ne voglia tenere fuori, le lucine, gli alberelli, le canzoncine e La Bella e la Bestia: un Magico Natale continueranno a darmi ai nervi. Quando finalmente smetterete di sgranare gli occhi e dare per scontato che tutti, perfino io, dovrebbero passare il Natale secondo tradizione, allora terrò per me il mio spirito festivo paragonabile a quello delle decorazioni natalizie di Melania Trump alla Casa Bianca e smetterò di rovinarvi la festa con i miei commenti caustici.

Rappresentazione fedele del mio spirito natalizio.
Ma dato che quel momento non è quest’anno e il Natale è ancora una festa comandata, fuck Christmas. ♥
Ps: a volte vorrei vivere in Australia solo per potermi togliere le due cose più antipatiche dell’anno – il Natale e il caldo – nella stessa stagione invece che rovinarmene due.

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